Messaggio del Parroco
Carissimi,
la “Settimana Santa” con la celebrazione del Triduo Pasquale è per noi cristiani la più importante dell’anno. Tutto l’apparato esterno legato alle tradizioni è ormai pressoché caduto, togliendo di fatto una sorta di strato protettivo a giorni che hanno bisogno di un clima diverso, che non possono passare come gli altri. Gesù muore tra l’indifferenza della gente e risorge ancora senza che nessuno se ne accorga. Mi ha colpito durante l’ultimo viaggio che ho fatto in Terra Santa, percorrere la via dolorosa a Gerusalemme tra l’indifferenza e forse il fastidio dei locali, arabi ed ebrei insieme. Scendendo l’erta degli ulivi si fa tappa obbliga alla chiesa che ricorda il pianto di Gesù sulla città santa (Dominus flevit). Da lì si gode una visuale davvero unica sulla spianata del Tempio, oggi delle moschee, dove immancabilmente si fa una foto di gruppo. Gesù, più che piangere, lamenta con dispiacere l’ostinazione del popolo verso il suo Dio che, come una chioccia, più e più volte avrebbe voluto raccogliere i suoi figli sotto le sue ali, ahimè senza successo. Di cosa posiamo dunque stupirci se ancora il maligno riuscirà a distrarci anche di fronte alla Croce, impedendoci di volgere a lei il nostro sguardo così da rimanerne folgorati? Le liturgie di questi giorni santi intendono rappresentare ai nostri occhi al vivo, Gesù Cristo crocifisso. Cominciando dalla domenica delle Palme, rivivremo nell’intimità del cenacolo le consegne che Gesù fece durante la sua ultima cena, proveremo a stare accanto a lui in preghiera nell’orto, seguiremo il maestro sulla via dolorosa fermandoci ad adorare e a baciare la sua croce, sperimenteremo il vuoto e il silenzio delle nostre chiese spoglie, giungendo infine alla veglia, madre di tutte le veglie, nella quale la piccola fiamma del Cero squarcerà le tenebre affinché la luce torni a brillare in noi. Per vivere dunque questa Settimana Santa, anzitutto proponiamoci di non mancare alle celebrazioni. Le scuse non tengono! Bisogna venire, partecipare, esserci in presenza, eccezion fatta per gli infermi. Il covid ha creato cattive abitudini come quella di seguire la liturgia comunitaria rimanendo in casa, pur non avendo seri motivi per non uscire e andare in chiesa. Sono celebrazioni diverse, intense, da vivere, da gustare. Ritagliamoci poi ogni giorno un tempo di silenzio in cui fare spazio ad una riflessione personale per riprendere contatto con la parte più profonda di noi stessi e proprio a quella profondità anche con Dio che ha posto in noi il suo sigillo donandoci lo Spirito. Facciamo tacere la televisione in casa, la musica in auto, proviamo a ridurre l’uso del cellulare. Chiudiamo gli occhi e proviamo a dare un nome ai nostri turbamenti, alle nostre insoddisfazioni, ai nostri disagi. Sorgerà il desiderio di essere nuovamente guariti, redenti, salvati, perdonati. A questo punto ha un senso celebrare con sincerità e cuore il sacramento della riconciliazione. Confessarsi in qualche maniera solo perché è Pasqua lascia il tempo che trova. Per carità noi sacerdoti siamo ormai abituati ad accogliere tutti, anche quelli che confessano di non avere peccati. Tuttavia, se si desidera “fare” Pasqua e non soltanto festeggiarla affinché la nostra vita sia ricompresa nella novità che da essa scaturisce, si deve partire dalla convinzione che se Cristo non ci afferrasse e non ci tirasse su con lui, saremmo dei perduti. Ecco, che vi posso dire? Provateci, proviamoci… con la sincera speranza che attraverso il percorso di questi giorni, possiamo ritrovare il senso e la bellezza di poter continuare a credere. È un abisso d’amore quello che si spalanca davanti a noi e sarebbe davvero penoso passarci accanto senza accorgercene. Perché la croce è tutto, la croce è rivelazione, la croce è salvezza, la croce è misura senza misura dell’amore che Dio ha per noi. Contemplandola, lasciandola parlare, celebrandola, essa sarà ancora capace di farci capire chi siamo davanti a Dio e chi è lui per noi. Quando sarò innalzato da terra voi saprete che “Io-sono”, dice Gesù; tutti volgeranno a lui lo sguardo, persino coloro che crudelmente lo trafissero. La croce di Cristo ci attrae, non perché è “bella” in sé stessa, ma perché è segno di amore incondizionato, abbraccio di misericordia, scala per il cielo, porta del paradiso. Ave Crux, spes unica! Si “Croce”, tu sei la nostra sola speranza.
Il vostro Parroco.